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L’emergenza sanitaria ci sta disumanizzando? – Gianfranco De Turris

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Uno degli illustri scienziati che in Italia si occupano della pandemia e ogni tanto a nostro beneficio dice la sua, ha affermato a novembre scorso che porteremo la mascherina almeno sino a Natale 2021. Il che implica tante cose. La prima è che un fatto di emergenza occasionale, come appunto indossare la mascherina, sarà diventata dopo quasi due anni una abitudine che potrebbe perdurare nel tempo. E questa abitudine se ne porta appresso delle altre che, a pensarci bene, stanno modificando senza che ce ne rendiamo conto, il nostro modo di vivere e relazionarci con gli altri. Questo virus potrebbe veramente stravolgere la vita quotidiana, complici le regole dettate dai politici con il supporto del cosiddetto CTS, Comitato tecnico-scientifico, una specie di Iatrocrazia, il governo dei medici. Intanto con il “distanziamento sociale”, espressione a quanto pare nata negli Stati Uniti, vale a dire distanziamento fisico: le persone – tutti ce ne accorgiamo – automaticamente si tengono lontani dagli altri  anche quando non sarebbe veramente necessario e non solo entrando uno alla volta in ambienti ristretti come giornalai, tabaccai, negozi, in parte bar: si ha in fondo sospetto e paura del prossimo. Sui mezzi pubblici, quando è possibile, i passeggeri si pongono a distanza “sociale”, anche se in realtà l’indicazione governativa di riempirli prima solo all’80 e poi al 50 per cento non si sa chi dovrebbe farla rispettare e intervenire se non rispettata. Naturalmente ci sono le clamorose eccezioni evidenziate dai mass media: le folle di adulti che senza preoccupazioni invadono le strade per il  cosiddetto shopping, le compere durante le feste o i fine settimana, le folle di ragazzini che si radunano in certe strade  o piazze per la cosiddetta movida, ignorando ogni divieto.

Poi - ancora più preoccupante - si stanno abbandonando modi di fare ancestrali, connaturati alla nostra umanità: lo stringersi la mano (che risale agli assiri), l’abbracciarsi e il baciarsi (lo fanno anche gli animali antropomorfi) che ormai vediamo soltanto nei film. Tutto ciò condiziona le relazioni non solo amicali, ma anche familiari e parentali. Ovviamente c’è chi non si adegua e non sa trattenersi di fare questi gesti millenari con amici, figli, coniugi, amanti. Il che stravolge il nostro essere umani. E c’è stato addirittura chi ha consigliato di evitarel’intimità sessuale perché implica, ovviamente, un incontro ravvicinato eccessivo... Le immagini del telo di plastica trasparente che in alcune Residenze per Anziani divide padri e figli, nonni e nipoti che si toccano e allo stesso tempo non si toccano, ne è il simbolo più struggente. Non possiamo abbracciare chi ha bisogno di conforto e consolazione.

Il “vietare gli assembramenti”, inoltre, non vale soltanto per strade e piazze, ma condiziona i momenti salienti del nostro esistere, l’entrata nella vita, la scelta di una sua particolare direzione, la sua conclusione: battesimi, matrimoni e funerali non possono essere completamente proibiti, ma devono essere non solo limitati al tempo strettamente necessario e a pochissime persone. Per non parlare, su un piano collettivo, di musei e biblioteche e librerie semideserti o vuoti perché obbligati alla chiusura insieme a cinema e teatri, come se non fosse stato possibile trovare una soluzione mediana accettabile e assolutamente sicura per la salute. Si vietano gli assembramenti, ma si vietano anche la cultura e lo svago, mettendo in dubbio così una identità generale.

La frase detta e scritta a marzo 2020 – “niente sarà più come prima” – che ci apparve esagerata, a quanto pare rischia di diventare purtroppo vera. Cambiando certe abitudini che erano acquisite, si cambia non solo nel nostro rapporto con gli altri, ma intimamente perché mutano prospettive vicine e lontane, modi di essere e non solo  comportamenti esteriori. Tanto più che la tecnologia – che come sempre da un lato ci agevola e dall’altro ci condiziona -  aiuta a consolidarli e far diventare certe novità imposte dalla situazione di emergenza, una “normalità”. Si pensi al telelavoro (il cosiddetto smart working, termine inesistente in  inglese e inventato in Italia!), alla didattica a distanza, prontamente sintetizzata in DAD, contro cui per fortuna si sono battuti sia professori che studenti, ma anche le videoconferenze o quelle in streaming che stanno prendendo il posto di dibattiti e convegni “in presenza”. La cultura viene penalizzata, ma anche la socialità.

La stranezza di questo coronavirus incute paura e sospetti diffusi. Ci sono moltissimi esempi di persone negative e positive (sintomatiche o asintomatiche) che convivono senza contagiarsi in una stessa famiglia, o al contrario di persone che si sono infettate non si sa bene come e dove pur avendo preso tutte le loro precauzioni. I morti sono di una età in genere avanzata e spesso con altre patologie, ma non mancano affatto ragazzi sani, giovani madri, perone robuste. Nascono interrogativi prima impensabili: posso prendere il caffè con un amico? Posso abbracciare una persona cara? Posso invitare qualcuno a casa mia? Come mi devo comportare nella intimità? Posso accompagnare qualcuno in auto? Tutto ciò mette in discussione, e alla fine incrina, i rapporti reciproci che ci hanno sempre contraddistinti. Corriamo il rischio di diventare come delle monadi isolate e chiuse in sé stesse, volenti o nolenti. Quasi due anni (marzo 2020-dicembre 2021) saranno molti e creeranno abitudini che, come ho già accennato,  possono permanere anche se di questa emergenza verrà decretata ufficialmente la conclusione. Lo spirito di conservazione innato  e una paura irrazionale potrebbero avere la meglio sulla razionalità, tutto ciò sia sulle persone colte che si ritengono immuni da certi atteggiamenti, sia su quelle più semplici o superficiali che di solito si pensa siano maggiormente condizionabili.

Queste considerazioni, che di certo psicologi e sociologi hanno fatto con maggiori competenze ed approfondimenti, sono dettate dalla semplice osservazione di quanto accade da tempo intorno a noie  cercano di capire cosa potrebbe avvenire a livello personale e collettivo. Non son belle prospettive, speriamo siano del tutto fallaci e frutto del mio pessimismo, ma è bene prepararsi ad un mondo nel suo complesso (non solo nel nostro Paese) assai diverso, come nessuno avrebbe mai immaginato, forse soltanto gli autori di fantascienza.

Gianfranco de Turris

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