«Io vorrei pure intendere quello che costoro hanno fatto» Niccolò Machiavelli, La Mandragola, 1518Ferruccio Ferrini rimesta nel torbido.
Sempre in tema di propaganda presso l’ISEC (Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea – Archivio Fondazione Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea, Sesto San Giovanni) vi è un documento dattiloscritto, non datato, che potrebbe risalire a un momento prossimo alla “memoria” redatta dal Comandante Borghese in data 15 gennaio 1944 (Dichiarazioni Comandante Borghese), riportata nelle parti XIV e XV.
Si tratta del «pro-memoria» che il Capitano di Corvetta Luigi Longanesi Cattani scrive su richiesta del Sottosegretario di Stato per la Marina, Capitano di Vascello Ferruccio Ferrini (1). Certamente Ferrini sta raccogliendo informazioni che gli possano tornare utili contro il Comandante Borghese e per “demolire” la Decima Flottiglia M.A.S.
In ogni caso si evince che il tono della propaganda promossa da Longanesi Cattani non è consono alle aspettative e comunque pone «in cattiva luce la Decima Flotmas presso le Autorità Politiche locali». Ecco la trascrizione integrale del documento (2).
Poi, chiaramente e come per ogni altra parte di questo contributo sulla conoscenza della Storia della Decima Flottiglia M.A.S., ognuno tragga le proprie conclusioni. Ma, attenzione: la Storia è ciò che è stato… non quello che ci piacerebbe possa essere stato. Nemmeno quello che si vuole fare credere che sia stato.
Ci si rende conto che la “storia” corrente demonizzi il periodo in cui si forma e successivamente si sviluppa il Partito Nazionale Fascista e condanni ancor più il periodo della Repubblica Sociale Italiana: proprio quando finalmente si spera di potersi liberare d’una monarchia corrotta e al soldo avversario, d’un apparato burocratico elefantiaco, nonché d’una Banca d’Italia che finalmente si fa diventare statale e non più privata. Ma d’ogni aspetto esistono almeno due facce.
Per la Storia d’Italia.Si premette che il generale piemontese Fiorenzo Bava Beccaris, su incarico dei Savoia, represse nel sangue la sommossa popolare milanese del 1898, appoggiando in seguito Benito Mussolini in Parlamento. Poi il regno italico aprì i prodromi della “guerra civile europea” attaccando la Turchia nel 1911: un nemico che viene azzoppato affinché l’Inghilterra lo possa affrontare più agevolmente.
In questo momento storico, ciò che occorre sforzarsi a comprendere, e ad oggi si è ancora ben lungi dall’averlo fatto, è che in Italia molti, moltissimi Italiani a suo tempo si sono sentiti “carne da macello”, usata da una casa Savoia al soldo della Massoneria inglese per attaccare gli ex alleati Austriaci nel 1915 e gli ex alleati Tedeschi nel 1916.
La guerra mondiale, voluta dalla Massoneria non solo inglese, ha avuto come conseguenza anche l’insorgenza comunista (scaturita nel bund ebraico sovietico) che ha cercato di diffondersi nel resto dell’Europa. Di contro, casa Savoia, banchieri e industriali italiani hanno dovuto evitare la rivolta popolare a fine guerra perché vi erano stati troppi morti (mai dichiarati), troppi prigionieri tutti dichiarati disertori dallo stato maggiore sabaudo e una volta rientrati in Patria processati come tali. Troppi civili morti (assolutamente mai dichiarati), troppi invalidi di guerra permanenti, troppa gente che aveva lavorato malpagata e bistrattata nelle industrie di guerra.
Troppi civili s’erano immiseriti a causa della guerra, mentre la casta industriale era decollata facendo strepitosi affari anche con l’avversario (si veda utilmente su EreticaMente: 24 maggio 1915: la tela del ragno).
Se il bund ebraico sovietico creò il comunismo sovietico (che ancora oggi comanda nell’ex URSS), certamente con il concorso non solo della locale massoneria, principalmente il salotto della borghesia ebraica milanese con il concorso di “taluna massoneria” creò a tavolino il fascismo. E questo tenendo conto che in Massoneria chi comanda effettivamente non sono certo i “gentili”, ma gli ebrei, oggi più che mai. Basti vedere chi siano i reali proprietari delle “banche”.
Fascismo tra realtà e propaganda.Come s’è già scritto nella parte V: «Per comprendere la Storia è necessario smettere di utilizzare come spauracchio e come “discarica abusiva d’ogni nequizia” il Fascismo. Occorre invece capire fino nei minimi dettagli a chi serviva il Fascismo e a chi il Fascismo obbediva. E quando parlo di Fascismo parlo dei suoi capi, non della massa popolare che seguiva.
Vediamo quindi qualche punto essenziale:- Massoneria, banche e industrie crearono i prodromi del Fascismo con lo scopo di spingere l’Italia nella Prima Guerra Mondiale, per aprire il terzo fronte europeo; il finanziatore di spicco de Il Popolo d’Italia è difatti il banchiere ebreo Giuseppe Toeplitz (vedere utilmente Compagni di Gioco uscito su Ereticamente);
- a guerra ultimata il Fascismo in embrione servì (sempre a Massoneria, banche, industrie e Vaticano) come collettore dei militari scontenti per tenerli alla briglia ed utilizzarli contro l’insorgere della piaga comunista; il finanziatore di spicco del Fascio di Combattimento di Milano è l’ebreo Cesare Goldmann della Loggia ambrosiana Eterna Luce;
- il Fascismo servì tanto al Re quanto al Vaticano per consolidarsi;
- il Fascismo servì soprattutto e innanzitutto alla Massoneria americana per ottenere miliardarie commesse, quale la fornitura di petroli e la possibilità di proseguire la ricerca del minerale liquido in Italia».
Il “ventennio” fascista ha comunque visto in Italia lo sviluppo delle scienze e delle arti e, soprattutto, l’arresto dell’insorgenza comunista. Innegabilmente il tutto poteva andare bene perché l’industria, gli industriali e la Massoneria potevano proliferare. Non si faccia l’errore di credere che la legge contro le “società segrete” sia stata promulgata contro la Massoneria in generale: si trattò di una sorta di guerra tra logge e difatti nel Ventennio la Massoneria prosperò. Tutto ciò premesso, il Regno d’Italia e conseguentemente il suo braccio prima e il suo capro espiatorio poi, ovvero il Partito Nazionale Fascista, dovevano mantenere un esercito, una marina e un’aviazione divisi, corrotti, male armati e peggio comandati. A tanta prosopopea bellicosa propalata dalla propaganda fascista faceva riscontro un chiaro e voluto sottosviluppo militare: il fante era e doveva rimanere carne da macello sacrificabile a seconda del volere della massoneria extranazionale.
Camicie Nere e camicie rosa.Innegabilmente la “Camicia Nera” ha sortito un effetto coesivo nei confronti di numerose persone d’estrazione sociale e di formazione culturale differente. Motivo, questo, che ha fatto sì che nonostante i “finanziatori-creatori” del Fascismo siano rimasi nell’ombra, nonostante che i “capi-applauditi” del Fascismo abbiano fatto principalmente gli interessi dei primi, una larga schiera d’Italiani da queste prime due entità svincolate, ci ha creduto in questo Fascismo e ha lavorato e si è poi battuta per la Patria italiana, senza risparmio alcuno.
Pertanto, senza incorrere nell’errore di “buttare il bimbo assieme all’acqua sporca”, si considerino positivamente talune conquiste del Fascismo e ci si tolga finalmente dai piedi personaggi che si sono fatti pagare e hanno servito non certo il Popolo Italiano e per null’affatto la Nazione Italiana. E questo cominciando da personaggi da palcoscenico come furono D’Annunzio, quasi tutti i facenti parte del Gran Consiglio del Fascismo, i quali appartenendo alla Massoneria vendettero gli Italiani alla Loggia che più offriva, per concludere con Benito Mussolini, anch’egli massone.
Nella Repubblica Sociale confluirono poi elementi che operarono in modo che vi fossero ritardi e lungaggini, litigi e incomprensioni, nonché veri e propri tradimenti. Per quale motivo poco o nulla si volle fare per la difesa delle terre italiane dall’attacco delle truppe titine?
Un detto vikingo recita: «Non dir bene del giorno finché non è venuta sera; una spada finché non è stata provata; di una ragazza finché non si è sposata; del ghiaccio finché non è stato attraversato; della birra finché non è stata bevuta».
Benito Mussolini si fece pescare in riva al lago Lario con la divisa tedesca, con le valigie di chi se la stava dando a gambe, con l’amante sotto braccio, in salvo verso chissà cosa perché il “ridotto valtellinese” era solo un parto della fantasia di quel bellimbusto impomatato di Pavolini. Che dire degli altri “gerarchi” fuggitivi?
Ritengo sia senz’altro meglio spendere il proprio tempo e le proprie energie per ricordare, invece e più utilmente, tutti i Soldati che si batterono veramente (3).
Moltissimi soldati non politicizzati, ma anche molti fascisti convinti, si batterono a difesa del suolo patrio e della cittadinanza italiana anche quando quei vigliacchi di “gerarchi” se la stavano dando a gambe abbandonando il soldato e il civile alle rappresaglie comuniste. E questo accadde soprattutto perché costoro, vigliacchi, non vollero rimanere al loro posto e sacrificare loro stessi nel tentativo di salvaguardare coloro i quali li avevano votati e sostenuti, nonché mantenuti più che lautamente, nel corso del Ventennio.
Tutti i Soldati-Eroi che si batterono al di là d’ogni pensiero politico e partitico e che lo fecero solo perché erano Italiani ed esclusivamente perché la loro Terra era stata invasa dall’angloamericano e dai suoi sottoposti, meritano d’essere ricordati. Meritano che le loro gesta siano ricordate davanti al Fuoco degli Antenati. Il Tempo dev’essere destinato al ricordo di costoro.
Il Tempo, infatti, non dev’essere inutilmente consumato davanti ad una lurida, insipida e menzognera “televisione” con il programma obnubilante di turno e la partita della vergogna che consente ai teleutenti d’identificarsi in un qualche cosa che comunque non gli appartiene (4).
In ultimo devo rilevare come parecchi personaggi dell’odierna e così detta “destra” italiana siano massoni e molti di costoro cerchino di presentare sotto belle vesti il “sovietico di turno” da preferire all’oramai desueto “americano”. Dall’est sono arrivate, a memoria storica, solo le orde dei conquistatori-distruttori, troppo “scarsi” persino per modificare la toponomastica dei luoghi che hanno riarso con il loro passaggio.
Nei secoli passati si diede tutto il sangue per arginare l’orda “unna-mongola-sovietico-bolscevica”. Ed ora, taluni tapini servi di un qualsivoglia “maestro” grembiulato cercano d’irretire i giovani per convincerli che è meglio il sovietico dell’americano.
Tra la peste bubbonica e il vaiolo giammai si scelga! Meglio morire, ma in piedi e con dignità. Ferruccio Ferrini “aggancia” Luigi Longanesi Cattani.Tornando nello specifico alle faccende che hanno coinvolto la Decima, ecco che cosa dattiloscrive Luigi Longanesi Cattani su richiesta di Ferrini:

pro-memoria per l’eccellenza ferrini // 1°) – La sera del 9 settembre, ad una riunione di Ufficiali della X^ Flottiglia Mas, mi dichiarai pronto a continuare la lotta a fianco della Germania alleata, nella X^ Flottiglia Mas di cui facevo parte. Ad una richiesta fatta dal Comandante belloni al Comandante borghese in merito al giuramento, il Comandante borghese rispondeva con la seguente frase: “il giuramento rimane”. // 2°) – Il mattino del 10 settembre fui inviato dal comandante borghese alla residenza di Sua Altezza Reale il Duca di Aosta in Lerici, per provvedere alle pratiche di collegamento con le autorità militari Germaniche che ne eseguivano la occupazione. Successivamente, secondo accordi presi con il comandante borghese e con le Autorità Germaniche, provvedevo, unitamente agli Ufficiali della Casa Reale, al trasporto di alcuni oggetti dell’Altezza Reale il Duca di Aosta presso la residenza dell’Altezza Reale la Duchessa di Aosta in Firenze. Rimasi d’accordo con il Comandante Borghese che ad una sua chiamata mi sarei presentato alla Decima. // 3°) – Giunto a Firenze mi presentavo alla Duchessa di Aosta ed alla Duchessa di Aosta Vedova, mettendomi a Loro disposizione, e successivamente al Comando Militare Germanico in Firenze con il quale presi immediati diretti accordi per alcune necessità delle Case trovando ogni appoggio e le più benevoli accoglienze. // ./.
23910 [a matita in alto a destra]
- 2 - Al Comando militare Germanico in Firenze comunicai la mia adesione alla Decima Flottiglia Mas che continuava la lotta al loro fianco. // 4°) – Alla proclamazione del carattere Repubblicano assunto dal Fascismo subito dopo la liberazione del duce, comunicai per lettera al Comandante borghese che ero disposto a restare nella Decima soltanto se tale formazione avesse mantenuto un carattere tale da non dover necessariamente appoggiare lo stabilimento di una Repubblica in Italia. Confermai a voce tale mio proponimento quando mi recai alla Decima per accompagnarvi il mio compianto fratello che vi si arruolava quale Capitano nel S. Marco. Specificai al Comandante borghese che era mia ferma intenzione di restare a disposizione delle Altezze Reali le Duchesse di Aosta fino a quando, a giudizio esclusivo delle Altezze Reali stesse, io potessi essere Loro utile, e che consideravo tale mio dovere tanto più preciso quanto più la situazione politica apparisse sfavorevole a Casa Savoia. // 5°) – Il Comandante borghese mi rispose allora circa nei seguenti termini: “Ognuno di noi chiude in una cassaforte le proprie particolari preferenze sulla forma di Governo. Occorre riunire in un solo fascio le forze che intendono continuare la lotta. Soltanto dopo il ristabilimento della pace ciascuno potrà propugnare la forma di Governo (Monarchia o Repubblica- [na] // ./.

- 3 – [Repubblica] na che riterrà più utile al bene della Patria”. Tale discorso, fattomi alla presenza del Comandante arillo, fu ripetuto dal Comandante borghese ad una riunione di Ufficiali alla quale io non partecipai non essendone stato avvisato. Me ne venne fatto un sunto da alcuni Ufficiali che lo commentarono molto favorevolmente (non ricordo ora il nome degli Ufficiali che erano tutti riuniti a mensa). Su questa base assunsi di buon grado l’incarico di aprire a Firenze un Ufficio di reclutamento dato che questo mi consentiva di restare a disposizione delle Altezze Reali. // 6°) – Inizia subito la propaganda sulle basi illustratemi dal Comandante borghese, e da me pienamente accolte e condivise. Nel fare tale propaganda specificai sempre che io personalmente ero monarchico convinto. Al termine di due giorni, al passaggio del Comandante borghese per Firenze, fui avvertito in via del tutto amichevole sia dal Maggiore bardelli, che dal centurione carità, che io, con la mia propaganda, mettevo in cattiva luce la Decima Flotmas presso le Autorità Politiche locali. Avvertii subito il Comandante borghese di questo fatto alla presenza del Maggiore bardelli, e misi immediatamente a sua disposizione il salvacondotto che mi aveva rilasciato (e le credenziali) che // ./.

- 4 – egli ritirò. Provvidi subito ad avvertire le Autorità Germaniche che non facevo più parte della Decima Flotmas, dato che precedentemente mi ero presentato quale facente parte di tale formazione. Feci alle Autorità Germaniche, in tale occasione, una dichiarazione di lealtà personale, specificando però che tale mia dichiarazione non era in alcun modo intesa ad ottenere protezione da parte della Autorità Germaniche verso qualsiasi Autorità Italiana ma voleva essere soltanto una dichiarazione di fedele cameratismo fatta da soldato a soldato, e pregando di non fare uso né politico né propagandistico di tale mia dichiarazione. Comunicai alle Autorità Tedesche quanto avevo già comunicato al Comandante borghese, e cioè che era mia ferma intenzione di restare a disposizione delle Altezze Reali le Duchesse di Aosta fino a quando, a Loro esclusivo giudizio, io potessi Loro apparire utile nella situazione in cui erano venute a trovarsi, e che consideravo tale mio dovere tanto più preciso quanto più la situazione politica appariva sfavorevole a Casa Savoia. Permane in me l’assoluta convinzione di tale dovere. // il capitano di corvetta // f.to (Luigi longanesi cattani)

Su carta intestata, il 24 gennaio 1944, il Sottosegretario di Stato per la Marina Ferruccio Ferrini trasmette a Benito Mussolini la propria comunicazione accludendo il dattiloscritto del Capitano di Corvetta Luigi Longanesi Cattani, sopra trascritto. Essa recita:
«Duce, / Vi trasmetto, in allegato, un esposto del Comandante di Corvetta LONGANESI, già appartenente alla X^ Flottiglia Mas. / Ritengo che esso contenga elementi utili in relazione alla inchiesta in atto per il noto grave incidente di La Spezia. / E’ ovvio che il Comandante LONGANESI non fa parte della Marina Repubblicana e che ad esso, come a tutti gli Ufficiali nelle sue condizioni, è stato proibito d’indossare la divisa» (5).
Tra i documenti compare anche la comunicazione del Ministro delle Forze Armate repubblicane Rodolfo Graziani a Francesco (Franz) Turchi, Capo della Provincia di La Spezia, e per conoscenza a Benito Mussolini e a Ferruccio Ferrini. Ecco il testo:
«n. 4 Riservato Personale (.) Presi ordini dal Duce vi prego Eccellenza non corrispondere più fondi at decima MAS senza mia personale autorizzazione su precisa specifica impiego di essi volta per volta (.) Pregovi anche precisarmi somme fino ad ora corrisposte (.)» (6).
Si ricorda che nel novembre del 1943 si era costituito a La Spezia il Battaglione Maestrale, poi inviato in Piemonte e rientrato a La Spezia nel gennaio 1944.
A seguito della ferma decisione di non farsi coinvolgere nelle “manovre” del direttivo della R.S.I., con l’arrivo in caserma in data 9 gennaio del Capitano di Vascello Nicola Bedeschi e del Capitano di Fregata Gaetano Tortora, inviati da Ferrini, soprattutto grazie all’intervento del proprio Comandante, il Maggiore del Genio Navale Umberto Bardelli, il Maestrale è posto sotto inchiesta e in seguito gli è cambiato nome in Battaglione Barbarigo (vedere utilmente la XIII e la XX parte).

Intanto il 22 gennaio 1944 aveva inizio l’Operazione Shingle, ovvero gli angloamericani sbarcavano ad Anzio-Nettuno. Il 19 febbraio il Battaglione Barbarigo riceveva la bandiera da combattimento e il giorno seguente partiva per Roma, entrando in linea a fine del mese.
Rimane chiaro che la documentazione prodotta espone il direttivo della R.S.I. a gravi sospetti. Vi è un unico Battaglione pronto ad andare in linea e questo al di là delle solite e sdrucite storie di una preparazione militare insufficiente dispensate senza considerare che la situazione bellica era decisamente grave. Lo si blocca innanzitutto arrestandone il Comandante, ovvero Junio Valerio Borghese.
Con quanto scritto e presentato fino a questa XXI parte si può tranquillamente affermare che si era certamente costituita la Repubblica Sociale Italiana, ma altrettanto certamente vi erano numerosi individui che con il grado e il potere conferito dalla carica che ricoprivano avevano il chiaro compito di farla “naufragare”.

