«L’unica meta che possa oggi esservi per gli italiani è quella di ricacciare gli invasori inglesi dal nostro paese»
Junio Valerio Borghese; 1944
Per la difesa dell’Italia.
Non avendolo fatto, verrebbe da dire, oggigiorno di genti e d’etnìe da cacciare dal nostro paese ve ne sono parecchie… e gli inglesi sono passati, in un certo senso, in secondo piano.
Difatti abbiamo, lo si ricorda, 114 basi militari americane operative che occupano l’Italia. Pertanto la domanda sorge lecita e spontanea: ma in Italia chi comanda? Non certo quelli che si sono appena eletti, questo è certo.
Questa quarta (e non ultima) parte dedicata all’epopea della Xa Flottiglia M.A.S. intende innanzitutto ricordare che in un momento storico del tutto particolare, quale fu la resa incondizionata firmata a Cassibile il 3 settembre 1943, in parecchi non riposero le armi. Anzi, al di là delle ideologie politiche e partitiche molti si arruolarono proprio perché capirono che non vi era un simulacro di fascismo da riesumare, ma occorreva difendere l’Italia.
Era ed è tutt’oggi necessario difendere il luogo dove si vive, la propria cultura, le proprie tradizioni.
Semplificando, ma non banalizzando i concetti, occorre sempre ricordare che l’Unità d’Italia è stata voluta e finanziata dalla Massoneria inglese, poi messa in secondo piano da quella americana guidata dal generale confederato, nonché criminale di guerra, Albert Pike, capo della Massoneria americana (vedere utilmente PERCORSI INIZIATICI ALTERNATIVI Parte terza: la Stella d’Italia).
Oggi paghiamo le conseguenze delle azioni dei mercenari di casa Savoia, i quali sono andati a concludere la loro tradizione guerriera al servizio di stranieri proprio con la cessione di penisola ed isole nel 1943.
In questa corrente massonica s’è poi inserita quella dell’Est, cresciuta e fattasi forte nel “Bund” ebraico sovietico. Difatti con l’ascesa del comunismo in Russia le mani di questo si sono allungate sull’intera Europa. E da qualche tempo a questa parte ci stanno riprovando (vedere utilmente Falce e maglietto).
Di mano in mano…
Se dell’epopea della Xa Flottiglia M.A.S. si tende a guardare i soli fatti “ante 8 settembre ’43”, è invece utile esaminare soprattutto quello che successe dopo. Solo così si potrà capire e ricordare che qualcheduno, al di là d’ogni possibilità di vittoria, riscattò l’onore degli Italiani e si batté perché così doveva essere.
Oltre ai manifesti d’affiggere ai muri, visti in precedenza, nell’ambito della propaganda della Decima i volantini costituiscono un ulteriore messaggio diretto a tutti, ma più puntuale.
Pochi contengono disegni, generalmente secondari rispetto al testo che si desidera far conoscere e diffondere. Molti sono latori di messaggi chiari e inequivocabili, generalmente incitanti all’arruolamento; altri sono informativi, soprattutto sullo spirito che anima i combattenti volontari della Xa Flottiglia M.A.S.
Un volantino (15,2 x 21,2 cm) dai caratteri neri su fondo bianco reca trasversalmente la scritta: «25 luglio / 8 settembre» in campo rettangolare carta da zucchero chiaro, avvolto da serpente in verde.
Il testo, inequivocabile, recita:
«Per 39 mesi alleati e nemici hanno proclamato il valore militare, le qualità guerriere, le virtù umane del nostro soldato, che ha affrontato per terra e sul mare, come nei cieli, le due più grandi Potenze moderne // L’8 settembre come il 25 luglio tradimento e insipienza, egoismo e viltà dei capi hanno compromesso l’esito della guerra, ma non hanno offuscato l’onore di chi l’ha combattuta // Quest’onore è restato la forza per la riscossa italiana e la garanzia della ripresa nazionale e internazionale del Paese. // Per questo la Decima combatte».
Quasi fosse consequenziale al precedente, abbiamo poi un altro volantino (15,2 x 21,2 cm) dai caratteri neri su fondo rosa carne, con due catene che s’incrociano formando la X:
«Che vuole l’Italia? // 1) i suoi confini naturali per la sicurezza del suo popolo // 2) le colonie per il lavoro e la prosperità dei suoi figli // 3) il suo posto nel mondo per l’esercizio della sua missione di civiltà // 4) il diritto – che le dànno 3000 anni di storia – della “parità tra i pari„ con tutti gli Stati, nella ricostruzione del mondo. // La R.S.I. rappresenta il regime popolare italiano, e costituisce una garanzia per i popoli con la sua sana, operosa e realistica democrazia. // Questi sono gli ideali per cui la «Decima» combatte».
Questo testo dal contenuto ineccepibile risente tuttavia di una certa passata “propaganda” di stampo smaccatamente sabaudo prima e tinto d’entusiasmi fascisti poi. Senza entrare nel merito della faccenda “colonialismo” si rimanda il tutto alla lettura (o rilettura) su Ereticamente di: A.O.I.: “a noi” oppure “ahi… noi”?
Altrettanto chiaro e ineccepibile è un altro foglio destinato a passare di mano in mano. Si tratta di un volantino (21,7 x 14 cm) dai caratteri neri su fondo nocciola chiaro, con Xa in rosso posta orizzontalmente (con a verso l’alto) e contenente all’interno del carattere la scritta ripetuta consecutivamente su più righe: «per l’onore».
Eccone il testo:
«DECIMA FLOTTIGLIA MAS // Nella Xa non c’è posto per gl’imboscati, per i disfattisti, per i vecchi massoni, per gli antifascisti. In mare gli atti di eroismo della Xa sono leggendari; in terra il barbarigo ha immortalato il suo nome // nella decima non si fanno vane promesse // ARRUOLATI! // I gradi e le promozioni non si prendono a tavolino ma in combattimento».
“Parteggianti”.
Non mancano, come per i manifesti, i volantini riguardanti le azioni commesse dai “parteggianti”, ma quasi tutti destinati a fare riflettere sullo stato dell’Italia e sulla drammaticità della lotta fratricida, soprattutto perché ben altro nemico incombe.
I caratteri del volantino (14 x 21,7 cm) sono neri su fondo nocciola chiaro, con Xa in rosso posta orizzontalmente e contenente all’interno del carattere la scritta ripetuta consecutivamente su più righe: «per l’onore».
Così arringa il testo, chiaro e incisivo:
«Italiani! // Basta con la lotta fratricida che ci dilania! Siamo o non siamo, qualunque cosa si dica, figli di una stessa Italia? Siamo o non siamo fratelli di lavoro, di lingua, di fede, di sangue? Dobbiamo o non dobbiamo risolvere gli stessi, identici, duri problemi della vita? Viviamo o non viviamo nella stessa luminosa terra ora martoriata? Abbiamo combattuto fianco a fianco. Abbiamo uguale retaggio di memorie e morti. Abbiamo sofferto le stesse amarezze e privazioni: fame, freddo, lutti e sacrifici. Soffriamo ancora insieme in questa vita dura, di lotta che ci affratella disperatamente. Speriamo tutti in un avvenire nostro. Abbiamo ideali comuni, forse senza che noi ci si abbia mai pensato. Perché lottarci e attenderci agli angoli delle vie come assassini; perché, italiani, annidarci nelle selve accettando una sorte in altri tempi riserbata ai delinquenti comuni? // riconosciamoci, uniamoci lealmente. // Fratellanza è forza. La prova dura non è finita. Basta col sangue fraterno! // il sole d’italia risorgerà».
Dai caratteri neri su fondo nocciola chiaro il volantino (22 x 27,9 cm) intitolato Lettera a un bandito pone in luce l’operato di chi non si è sentito Italiano e certamente non si è sentito e basta.
Eccone il testo, che non necessita d’alcun commento:
«DECIMA FLOTTIGLIA MAS // ufficio stampa – piazzale fiume 1 – milano // Lettera a un bandito // Il marò allievo ufficiale del Battaglione “Barbarigo” Mario Tedeschi, catturato dai banditi ad Ozegna nell’imboscata in cui fu trucidato il comandante Bardelli con 9 suoi uomini e liberato poi, dopo 8 giorni di prigionia, ha scritto una lettera al capo della banda. Eccone il testo: // Credo, Piero, che non avrei accettato l’invito fattomi di scrivere quanto è passato in questi giorni dall’8 al 15, se al mio ritorno ad Ivrea non avessi veduto le fotografie dei miei compagni caduti nell’imboscata di Ozegna. Il viso sfigurato di Bardelli, morto da eroe; la sua bocca che le mani dei tuoi avevano lasciata spalancata dopo averne strappato i denti d’oro; la figura orrendamente deturpata del povero Fiaschi, ucciso con un colpo a bruciapelo nel cranio mentre già rantolava ferito; quei volti lordati oscenamente di fango; quelle divise lacerate dall’ansia del predone che frugava, hanno rinvigorito, se possibile, il risentimento dell’animo mio. Chi scrive queste righe, e lo riconoscerai dalla firma, è uno che ti ha dimostrato di non aver paura. Non sono quindi le ripetute minacce di morte, di arruolamento al «Battaglione San Pietro», come voi dite, che mi ispirano; ma è la ferita profonda lasciata nell’animo mio dall’aver veduto a quali punti di bassezza possono giungere gli Italiani. Lo slavo che alla sera dell’8, sulla piazza di Pont Canavese, ci prometteva di tagliarci prima il naso, poi le orecchie e, infine, il ventre, è molto superiore a voi che fingeste di trattare con Bardelli per far giungere i rinforzi e circondarci nella piazzetta della Chiesa, dove noi attendevamo con le armi scariche, fiduciosi della vostra parola. Venivamo dal fronte, dove avevamo combattuto non per un partito o per lo straniero, ma per l’Italia, così come voi stessi dite di fare: eppure furono degli Italiani che incolonnarono i 29 prigionieri per le vie di Pont Canavese, così come furono Italiani quelli che accompagnarono la sfilata percuotendoci e sputandoci in viso. È assai poco nobile, credimi, abbandonare all’odio e all’insulto stupido e bestiale di una popolazione accecata, dei soldati che hanno combattuto bene e si sono dovuti arrendere solo perché senza munizioni! Poi tentaste di convincerci a cambiar bandiera: e per sette giorni di fila fu un alternarsi di velate minacce e di botte propagandistiche; di menzogne sull’andamento delle guerra e sul comportamento dei nostri Comandi. Nessuno, del «Barbarigo», ha ceduto. Tu lo sai. Ma parliamo di voi, dei tuoi uomini, che qui si conoscono solo attraverso le voci di due propagande opposte. Il gruppo Piero è così composto: // 1) Una grandissima parte, formata per lo più di renitenti alla leva, che sta sui monti per paura di combattere; costoro, logicamente, non vanno in azione, ma sbrigano i servizi; 2) una parte risultante di individui che non possono scendere in pianura avendo commesso dei reati comuni nel periodo dal 25 luglio ad oggi; 3) una parte minima di individui che formano il nucleo combattente; parte in cui ho trovato qualche raro elemento che vorrei fosse con noi. La proporzione tra i combattenti e gli imboscati e dell’1 a 10. // A questo aggiungi che tutta la massa va avanti per forza d’inerzia, senza che sia possibile applicare una benché minima forma di disciplina. È stato un tuo amico che confessò ad uno di noi: «Se tentiamo di instaurare la disciplina qui restiamo in due». Questo gruppo di persone che financo nel vestire dimostrano la zingaresca essenza della cosa (ho visto uno dei vostri pavoneggiarsi di un berretto da gerarca fascista con su alcune penne rosse) vive distruggendo il patrimonio zootecnico della Valsassina, togliendo ai contadini burro e farina, prendendo (naturalmente in nome dell’Italia) tutto quello che vuole, ovunque lo trovi. E infatti vi vantate di non aver soldi in tasca, pur non mancando di nulla. Con simili combattenti mi diceste di voler rifare l’Italia, ma chiunque ragiona sa benissimo che la pace segnerà lo scioglimento improvviso dei reparti partigiani, dato che il 99% dei componenti altro non attende che quell’ora per tornare a casa, infischiandosene della situazione politica e dell’interesse nazionale. È evidente quindi che voi fate il gioco degli Inglesi, che voi proclamate di voler eliminare come i Tedeschi, e del Comitato di liberazione nazionale, composto di elementi più o meno bastardi che speculano sul momento. A rinforzare la cosa, noto infine che tutti i ribelli che ho incontrato vivono esclusivamente sulla propaganda di radio Londra, la quale li sorregge con menzogne che vengono tranquillamente bevute. Non fummo forse avvisati nel nostro periodo di prigionia che Londra aveva comunicato che Milano era stata violentemente bombardata e che uno sciopero generale era scoppiato a Genova, Milano e Torino? Allontanati da ogni contatto, i tuoi uomini guardano oggi con gli occhi che loro volle dare il nemico: credi, Piero, che questo sia bene per l’Italia? Non si deve forse proprio a questo la tremenda confusione di idee che ho notato fra voi, per cui combattete per Badoglio chiamandolo «bastardo»? Vi dite comunisti ossequiando i preti, vi chiamate liberi affidando il servizio viveri e il controllo dei rifornimenti ad un inglese, proclamate l’uguaglianza lasciando che il Comitato di liberazione vi abbandoni sui monti senza un soldo, appropriandosi dei vari chili di biglietti da mille lanciati dagli aerei, vi dite patrioti terrorizzando le innocue popolazioni con le requisizioni forzate e con i saccheggi. Questa l’impressione fotografica dei ribelli di Val Soana. Del periodo di prigionia non credo sia necessario parlare. È stato un alternarsi continuo di ansie e di calma, durante il quale siamo stati trattati con ipocrita cordialità. Il fatto che ci abbiate costretti in trenta in due stanzette, obbligati a lavare i vostri piatti, promessa ogni giorno la libertà, sono cose trascurabili di fronte al dolore provocato nel vedere quanto in basso sia caduta questa nostra Patria adorata. È per questo che noi, Piero, ci auguriamo di tornare presto al fronte. Ti sia ben chiaro però che mentre dall’imboscata di Ozegna tu non hai guadagnato che i pochi oggetti che avevamo indosso (ci toglieste persino la cinghia dei pantaloni) e il nostro denaro, noi abbiamo riportato il ricordo incancellabile della voce di Barbarigo che grida: «Barbarigo non si arrende! Fuoco!», additandoci così la via della vendetta e dell’onore. // Da Repubblica Fascista del 18-7-44».
I falsi.
Oggi sul “mercato del collezionismo” non mancano i falsi, ovvero manifestini e volantini fatti passare per veri. Taluni sono riconoscibili per il tipo di carta utilizzata, altri per essere stati stampati in carattere Times New Roman. Ad esempio, è presente una serie di quattro piccoli volantini, formato 8 x 11 cm, che hanno il testo in caratteri neri e una grande Xa di colore celeste, con doppia sottolineatura inferiormente alla lettera a in apice, che sono stati anche pubblicati.